Il capriolo: gestione, recupero e liberazione presso il Centro Ricerca e Tutela Fauna Esotica e Selvatica
Frasca Irene
Martini Andrea
Berti Elisa
2015 - 2016
Il mio lavoro ha riguardato il recupero del capriolo presso Il Centro Tutela e Ricerca Fauna Esotica e Selvatica Monte Adone. Nei due mesi di tirocinio ho appreso quanto sia difficile riuscire a reintrodurre un selvatico in libertà in quanto molti soggetti purtroppo non possono e non riescono ad essere salvati. Il CRAS dove ho lavorato però, nonostante l'alto tasso di decessi, riesce ad avere, ogni anno una buona percentuale di successi che dal 2014 al giugno del 2016 è aumentata del 6% circa.
Ho cercato inoltre di evidenziare quanto l'attività svolta dai C.R.A.S. sia indispensabile per la tutela della biodiversità della fauna selvatica, patrimonio indisponibile dello Stato. Tale attività permette di regolare i sempre più frequenti incontri fra cittadini e selvatici diventando quindi un punto di riferimento che garantisce sicurezza e assistenza a fronte di ogni emergenza con la fauna selvatica.
Dato il continuo aumento dell'antropizzazione urbana e l'alta percentuale di incidenti stradali che risulta dai dati raccolti coinvolgenti la fauna selvatica, io penso che sarebbe consigliabile una maggiore regolamentazione del traffico veicolare da parte delle autorità competenti, imponendo, ad esempio, la riduzione della velocità (anche tramite apparecchiature elettroniche) nei tratti in cui la segnaletica indica l'attraversamento animali.
Anche gli incidenti agricoli che si verificano durante la stagione del maggengo, andrebbero prevenuti. Ogni anno, sono molte le femmine di capriolo che scelgono come luogo di rifugio per i propri piccoli i campi di foraggi. Per ridurre e prevenire questo fenomeno sarebbe auspicabile che gli agricoltori utilizzassero qualche accortezza come per esempio: iniziare lo sfalcio dal centro del campo per permettere alle specie selvatiche di scappare in direzione del bosco; posizionare alcuni giorni prima dello sfalcio delle bande colorate ai margini dell'area che, muovendosi col vento, dissuadano le femmine
dallo scegliere quel pascolo per nascondere i propri piccoli. Infine si potrebbe pensare di inserire delle piccole catene agganciate alla barra della macchina falciante che, pendendo a pochi centimetri dal terreno, permetterebbero all'animale di scappare prima che le lame lo feriscano.
Altro problema, ascrivibile sempre all’aumento dell’antropizzazione è quello del prelievo di esemplari giovani, ritenuti abbandonati. Il loro recupero infatti non deve basarsi sul coinvolgimento emotivo, come spesso accade, ma su conoscenze scientifiche, per evitare di commettere gravi errori.
In relazione a tutto questo, la maggior parte dei centri svolge attività di educazione ambientale presso le scuole o con i visitatori, per meglio istruire giovani e adulti ad un corretto approccio con la fauna selvatica.
In Italia la situazione economica dei Centri di Recupero non è semplice, la mancanza di fondi sicuri impedisce a queste organizzazioni di pianificare le azioni future, sia per quanto riguarda eventuali miglioramenti alle strutture sia per quanto riguarda la realizzazione di nuovi progetti.
Nel caso specifico, al Centro Tutela e Ricerca Fauna Esotica e Selvatica, la carenza di fondi, oltre a limitare la quantità dei progetti di recupero, inibisce tutta una serie di altri progetti, come ad esempio: l'ampliamento dell'area di prima accoglienza, che permetterebbe di facilitare la gestione degli animali feriti in degenza, oppure, la costruzione di un'aula didattica che permetterebbe un'attività educativa costante, volta alla sensibilizzazione di piccoli e adulti, ma anche l'ampliamento delle strutture di accoglienza dei volontari, che permetterebbe di ospitare un numero maggiore di persone, indispensabili per l'attività del Centro.
ULTIMO AGGIORNAMENTO
31.08.2023