Monitoraggio genetico non invasivo della popolazione di orso bruno (Ursus arctos L.) del Parco Adamello Brenta
Lascialfari Veronica
Sorbetti Guerri Francesco
Bozzi Riccardo
2015 - 2016
Stimare la densità di una popolazione animale è essenziale per la sua conservazione. I monitoraggi assumono particolare valore per gli animali presenti su un territorio in piccoli nuclei, ritenuti minacciati. Esempio rappresentativo è l’orso bruno in Trentino il quale, dichiarato biologicamente estinto alla fine degli anni ’90, è stato oggetto di un vasto progetto di reintroduzione, promosso dal Parco Naturale Adamello Brenta (PNAB) e dalla Provincia Autonoma di Trento (PAT). Con l’incremento del numero di orsi, è sopraggiunta la richiesta da parte della comunità di osservare il più costantemente possibile l’andamento della popolazione riformatasi in un ambiente così antropizzato. Per attuare ciò, si è pensato ad un metodo che, oltre a non prevedere alcun contatto con l’animale (come invece accadeva in passato per i sistemi adottati, definiti “invasivi”), ne garantisse anche lo studio nel lungo periodo. Il metodo tuttora utilizzato si basa su un monitoraggio di tipo “non-invasivo”, che si prefigge di raccogliere campioni organici secondo due modalità: sistematicamente, in aree e tempi prestabiliti mediante apposite strutture denominate “trappole pelo”, o in modo opportunistico. Grazie alle analisi genetiche del mtDNA effettuate sui campioni organici, è possibile individuare l’animale a cui appartengono, ricavando il numero minimo di individui presenti, le loro parentele e la sex ratio della popolazione. Caratteristiche del monitoraggio genetico non invasivo sono i materiali (economici, leggeri, facili da reperire), l’applicazione di questi su ogni tipo di habitat e la loro integrazione con altri metodi (es.: il fototrappolaggio), unita alla capacità di ottenere campioni qualitativamente rappresentativi non causando stress o disturbo all’animale. Inoltre, i costi di analisi di laboratorio sono contenuti e le risposte risultano rapide e sempre più affidabili. Il fatto che le trappole pelo riescano a venire incontro ad esigenze economiche, tecniche, ambientali e sociali ha permesso alla PAT e ad enti coinvolte come il PNAB di effettuare prima ad anni consecutivi, poi alterni, questa sperimentazione. Tuttavia, la strategia ottimale per ottenere una sufficiente quantità di campioni è data dalla combinazione degli approcci sistematici con quelli opportunistici. Lo studio cui si riferisce il seguente lavoro si propone di valutare vantaggi e svantaggi dell’uso delle trappole pelo nell’area del Parco. In particolare è stata pesata l’efficienza dell’attrattivo utilizzato per favorire l’ingresso degli orsi nei siti di “cattura del pelo” costituiti da filo spinato ed al numero di campioni rimasti impigliati ad esso, in modo da ottenere dati esaustivi ed economicamente supportabili per le azioni di conservazione.
ULTIMO AGGIORNAMENTO
31.08.2023