Dalle normative Europee alla legge Obiettivo della Regione Toscana
Campolmi Rossella
Ponzetta Maria Paola
Mazzarone Vito
2017 - 2018
L’attività venatoria ha subito delle modifiche nel corso del tempo, sia per il suo ruolo all’interno della società sia a livello legislativo. Il percorso che porta alle prime leggi in materia deve aspettare l’avvento delle società industrializzata, con la totale perdita da parte della caccia del suo ruolo di approvvigionamento alimentare.
In Europa, per il nuovo modello di società che si andava sviluppando, si avverte la crescente esigenza di proteggere le specie selvatiche e gli ambienti naturali. Da ciò le prime direttive a livello Comunitario riguardanti la salvaguardia degli uccelli migratori.
Ad oggi sono ancora in vigore la direttiva Uccelli del 1979 e la direttiva habitat del 1992, con cui la Comunità Europea si prefigge di preservare non solo le specie a rischio ma anche gli habitat in cui vivono, attraverso la rilevazione di aree di protezione denominate Siti di Interesse Comunitario (SIC).
Questi che vengono coordinati per mezzo della Rete Natura 2000, che gestisce le aree di protezione in cui sono incluse anche attività antropiche in modo da mantenere un equilibrio con l’ambiente e le specie selvatiche. In Italia la mancanza di normative unitarie ha comportato, in passato, una caccia priva di gestione e incontrollata.
La prima Legge Nazionale della Repubblica in materia venatoria ( L. N.) 799 venne emanata nel 1967 e regolamentava una attività venatoria controllata: tempi e luoghi per praticare la caccia furono ben definiti. Il focus principale rimaneva l’attività venatoria contro la conservazione della fauna selvatica.
Un punto di svolta viene segnato con la legge n.968/79 in cui la fauna selvatica diveniva patrimonio dello stato, il quale ne divenne tutore. Sotto un’ingente pressione europea e la crescita delle idee ambientaliste (referendum anti caccia negli anni 90) fu emanata la Legge Nazionale 152/92, in vigore ancora oggi, che redige i punti fondamentali per la gestione e l’attività venatoria a cui tutte le regioni devono adeguarsi: suddivisione del territorio in istituti faunistici, gestione dei piani di prelievo, mezzi e modalità per l'esercizio della caccia, divieti e sanzioni.
Per la regione toscana ad oggi rimane in vigore la L. R. 3/93 in recepimento della 152. A fronte di situazioni particolarmente problematiche, verificatesi in anni recenti per i danni causati alle colture agricole dalla eccessiva densità di fauna selvatica, nel 2016 è stata emanata la Legge regionale Obiettivo n. 10/2016.
La legge obiettivo propone un aumento dei piani di prelievo e dei tempi di caccia, con la designazione di zone non vocate in cui vige una gestione di non tolleranza verso le suddette specie. In più valorizza le carni degli animali selvatici con l'indicazione di un percorso ufficiale che dia la possibilità per il cacciatore di vendere i capi abbattuti ad appositi centri di lavorazione.
Nonostante l’attuazione di tale legge, dopo due anni i danni non sono diminuiti in maniera significativa, probabilmente per la scarsità di cacciatori che non sono in grado di fronteggiare una tale intensità di prelievo, tanto che per il futuro si ipotizza una figura professionale per quella parte della la gestione della fauna che prevede il prelievo venatorio.
Le problematiche principali per l’esecuzione delle leggi venatorie riguardano fondamentalmente l’accordo fra le parti interessate ( agricoltori, cacciatori ed ambientalisti) che spesso hanno opposti interessi, ma forse anche una insufficiente campagna informativa verso le suddette parti circa le finalità e modalità previste dalla normativa.
ULTIMO AGGIORNAMENTO
31.08.2023